Il 31% delle aziende lombarde adottano la circolarità, dimostrando leadership e una maggiore apertura rispetto alle PMI. Quali sono le motivazioni dietro?
L’economia circolare, ossia il principio di ridurre, riutilizzare e riciclare, rappresenta una promessa verde per le imprese italiane, ma una su tre è ancora scettica. Sorprendente? Forse sì, ma non tanto se si ascolta il Circular Economy Report 2024 di Energy & Strategy. La realtà attuale ci dice che un significativo 36% delle aziende non ha neppure intenzione di adottare queste pratiche, lasciando le PMI al primo posto tra le più restie. Questa resistenza è un dato da non sottovalutare, specialmente considerando che le PMI compongono oltre il 75% del tessuto imprenditoriale del Paese.
La diffusione delle pratiche circolari
Sebbene una buona parte delle imprese abbia già intrapreso la strada della circolarità, i numeri riflettono ancora un certo scetticismo, specialmente quando guardiamo agli investimenti. La taglia media degli investimenti è cresciuta solo del 5% rispetto al 2023. Notiamo una netta distinzione tra l’approccio delle grandi aziende, prevalentemente situate al Nord, e le piccole, che appaiono più reticenti. La Lombardia svetta sul podio, sede del 31% delle aziende che hanno abbracciato queste pratiche.
L’adozione dell’economia circolare nel nostro Paese è una chiave per svariati benefici. Si stima che entro il 2030, le pratiche circolari possano ridurre le emissioni di 2,3 MtCO2eq all’anno. In parallelo, nel solo 2024, il risparmio complessivo per le aziende ha raggiunto 16,4 miliardi di euro. Tuttavia, ci troviamo ancora lontani dall’obiettivo teorico di risparmi per 119 miliardi, riuscendo a sfruttare solo il 14% del potenziale disponibile.
Differenze di vedute tra grandi imprese e PMI
Quanto sono distanti le piccole dalle grandi aziende nel loro approccio all’economia circolare? Davide Chiaroni di Energy & Strategy sottolinea il crescente divario. Le grandi aziende mostrano un’adozione crescente di queste pratiche, con un aumento del 21% rispetto al 2022, mentre le PMI sembrano fermarsi al palo, crescendo solo del 5%.
Le pratiche maggiormente adottate coinvolgono il riciclo (60%), seguite dalla progettazione senza sprechi (43%) e dal design per facilitare la riparazione (48%). Al contrario, pratiche come la riparazione o la “servitizzazione” restano marginali, adottate da una minoranza del 22-28% delle imprese, forse per la complessità del loro ecosistema.
Una criticità emersa riguarda la misurazione delle pratiche circolari: solo il 12% delle aziende adotta strumenti per valutare il grado di circolarità, lasciando l’88% nel buio dell’incertezza, un dato che rappresenta una vera sfida per il futuro.
Barriere e fattori trainanti
Allora, cosa frena l’adozione dell’economia circolare? Le normative frammentate e poco chiare sono una delle principali barriere individuate dalle aziende. Tuttavia, la crescente consapevolezza manageriale e la presenza di incentivi rappresentano fattori chiave che potrebbero favorire l’adozione di pratiche circolari nel tempo. Come sottolinea il responsabile della ricerca, il supporto del top management è cruciale, viste le tempistiche per vedere i risultati.
Dal lato degli investimenti, il 2024 vede una leggera crescita del 5% con una spesa media di 160mila euro, ma il potenziale di risparmio resta enormemente sottoutilizzato, solo il 14% di quanto stimato. Nonostante ciò, nel 2024, i risparmi aggiuntivi rispetto al 2023 sono stati 800 milioni di euro, una testimonianza dell’efficacia della transizione circolare.
Nonostante le sfide, il 2024 porta segnali di speranza con nuovi standard e normative, come la Direttiva CSRD e la tassonomia dell’UE, che spingono le aziende verso un futuro più sostenibile. Queste misure non solo allineano le imprese agli standard internazionali, ma le preparano anche a un mercato in rapida evoluzione.
E allora, è solo una questione di tempo prima che l’economia circolare decolli in Italia? Forse. Ma la strada da percorrere richiederà tenacia, investimenti e, soprattutto, una visione chiara.