Le riforme del 1996 e del 2019 hanno apportato tutele per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, includendo un sistema misto favorevole.

Nel complesso e intricato panorama previdenziale italiano, alcune date si rivelano di importanza fondamentale. Gli ultimi 35 anni hanno visto diverse ondate di riforme che hanno modificato le modalità di calcolo delle pensioni e le possibilità di accesso alla quiescenza. Tuttavia, l’attesa del prossimo grande cambiamento sembra destinata a durare più del previsto: nel 2025, infatti, non è avvenuta la tanto attesa nuova riforma.
Il passato ci insegna che le norme previdenziali sono state tre: quella di Amato nel 1992, seguita da quella di Dini nel 1996, e infine la riforma Fornero nel 2019. Tra queste, la trasformazione più radicale è stata quella introdotta con il sistema contributivo di Lamberto Dini a partire dal 1° gennaio 1996.
Il 1996: anno di svolta per il sistema contributivo
Una delle riforme più incisive è stata quella del 1996, con l’introduzione di una nuova metodologia di calcolo delle pensioni. La riforma Dini è stata un punto di rottura con il passato, tanto da essere conosciuta come “riforma contributiva”. Questo cambiamento ha portato ad uno spostamento paradigmatico: il passaggio da un sistema basato sulle ultime retribuzioni ad uno costruito interamente sui contributi versati.
Prima del 1996, la somma finale delle pensioni era calcolata considerando principalmente gli ultimi e sovente più elevati stipendi percepiti. Questo significava che molti lavoratori, promossi sul finire della loro carriera, ricevevano pensioni equiparabili a paghe quasi intere. Con la nuova riforma, la determinazione dell’importo pensionistico divenne strettamente legata ai contributi accumulati nel corso del tempo. Il capitale accumulato dai contributi veniva poi aggiornato in base all’inflazione e corretto da coefficienti di trasformazione che premiavano un’uscita dal mondo del lavoro più ritardata.

Cambiamenti di calcolo: retributivo vs contributivo
Le differenze tra il sistema contributivo e quello retributivo sono nette e determinano distinzioni sostanziali nell’ammontare delle pensioni. Le pensioni calcolate in base al sistema contributivo risultano spesso inferiori rispetto alle loro controparti retributive. Con l’avvento della riforma Fornero, alcune tutele furono introdotte. Per chi aveva iniziato a versare contributi prima del 1996 è stato istituito un sistema misto, dove una parte della pensione continua a essere calcolata secondo il vecchio sistema retributivo, mentre l’altra dipende dal nuovo metodo contributivo.
Per chi possiede più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, questa soluzione mista si può estendere fino al 31 dicembre 2011. Questo crea una fascia protetta che, pur facendo da ponte tra due epoche previdenziali, prevede un calcolo parzialmente favorito per chi è entrato nel mondo del lavoro prima del cambiamento del 1996.
Opportunità e limitazioni del sistema contributivo
L’anno 1996 rappresenta un confine netto per il settore pensionistico, influenzando non solo le modalità di calcolo ma anche le regole di accesso alla pensione. Le pensioni riservate a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995, conosciute come misure contributive, presentano caratteristiche proprie. Per esempio, la pensione anticipata contributiva consente a chi ha lavorato almeno 20 anni di andare in pensione a 64 anni, se l’importo raggiunge una soglia minima.
Non solo, chi ha iniziato a contribuire dopo il 31 dicembre 1995 può approfittare di alcuni vantaggi specifici, come il maggiore valore attribuito ai contributi versati al di sotto della maggiore età. Ancora, per chi ha cominciato dopo il 1995 e raggiunge i 71 anni, è prevista la possibilità di andare in pensione con soli 5 anni di contributi.
Per le lavoratrici, il sistema contributivo del 2025 propone ulteriori benefici, legati alla maternità. È possibile abbassare l’età pensionabile oppure modificare i coefficienti di calcolo in funzione del numero di figli avuti. Ad esempio, per ogni figlio, su richiesta, l’età di pensionamento può essere ridotta di 4 mesi, fino a un massimo di 16 mesi complessivi.
Con la possibilità di anticipare l’uscita applicando coefficienti di calcolo più favorevoli, le lavoratrici possono accedere a pensioni con una previsione di trattamento generoso, tenendo in considerazione la loro vita famigliare.