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Università Italiane: differenze di costo con l’Europa

Università Italiane: differenze di costo con l’Europa
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Confronta le rette universitarie italiane con quelle di Paesi europei come Germania e Norvegia, esaminando le ragioni delle disparità.

Università Italiane: differenze di costo con l’Europa
Photo by thelester – Pixabay

Studiare all’università in Italia rappresenta un impegno economico notevole per le famiglie, con le differenze territoriali e i confronti con l’Europa che pongono interrogativi importanti. Sebbene siano disponibili agevolazioni basate sull’ISEE, il divario con i Paesi europei rimane marcato, così come le disparità regionali all’interno della Penisola.

Non sorprende che le università del Nord Italia siano significativamente più costose: si parla di un 28% in più rispetto al Sud e un 15% in più rispetto al Centro. Questo quadro, delineato dall’ONF insieme alla Fondazione Isscon, mette anche in evidenza la crescita delle università telematiche, un’opzione sempre più popolare nel panorama educativo italiano.

Istituti universitari Italiani: dove si spende di più?

L’11° rapporto Federconsumatori ci offre un’istantanea delle spese universitarie, rivelando quanto le differenze territoriali incidano sui costi accademici. Gli atenei lombardi guidano la classifica con le tasse più elevate, confermandosi tra i più esosi nel 2024/2025. Sono state analizzate le principali università per ogni macroarea geografica: Nord, Centro e Sud. Le regioni coinvolte sono Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia, con la Lombardia che ancora una volta detiene il triste primato dei costi maggiori.

Tra gli atenei più cari, spiccano l’Università di Milano con un importo medio di 3.808,56 euro e l’Università di Pavia con 3.742 euro. All’altro estremo, troviamo l’Università del Salento, con un costo medio di 3.000 euro per qualunque facoltà, e La Sapienza di Roma che si ferma a 2.872,50 euro per i corsi scientifici. Queste cifre, che comprendono variabili come lo status economico della famiglia, mostrano quanto le rette possano pesare sul bilancio familiare: fino a 17.498 euro annuali per uno studente fuori sede.

Diverse discipline, diverse spese: umanistiche vs. scientifiche

Affrontando i costi universitari, emerge una distinzione netta tra corsi umanistici e scientifici. Frequentare una facoltà scientifica risulta generalmente più oneroso, con un incremento dei costi che varia tra lo 0,51% e il 4,74% rispetto alle facoltà umanistiche. Questo dislivello si riflette nei prezzi medi delle principali università italiane, dove i corsi di Matematica e Scienze superano di gran lunga quelli di Lettere e Filosofia. L’approccio alla scelta dell’indirizzo di studi può influenzare quindi non solo il futuro accademico, ma anche il peso economico sulle famiglie.

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Photo by Foundry – Pixabay

L’alternativa online: università telematiche in crescita

Per la prima volta, viene offerto uno sguardo ai costi delle università telematiche, un settore in espansione che attira sempre più studenti. Questo fenomeno, analizzato grazie ai dati di AteneiOnline.it, dimostra che le rette per i corsi triennali e magistrali online variano notevolmente, partendo da 2.000 fino a 4.290 euro l’anno senza agevolazioni. Sebbene le spese possano apparire elevate, le università online offrono vantaggi come flessibilità e accessibilità, attrattive per molti studenti moderni.

Nonostante i costi fissi, esistono sconti per determinate categorie, riducendo i costi medi a un range tra 1.500 e 3.000 euro annuali. Tra gli atenei telematici più economici, l’Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza si distingue con un costo medio di 1.337 euro. Queste cifre mostrano una strada alternativa per l’istruzione superiore, una possibilità che continua a evolvere.

Disuguaglianze persistenti: il confronto con l’Europa

Nonostante i tentativi di mitigare il peso economico delle università pubbliche italiane con misure come la “no tax area”, il gap con l’Europa resta consistente. Paesi come Germania e Norvegia consentono di studiare senza alcuna tassa universitaria. Non sorprende quindi che l’Italia si posizioni in basso nelle classifiche europee per numero di laureati, con solo il 30,6% di giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno conseguito una laurea, ben al di sotto della media europea del 43,1%.

Il mondo del lavoro risente di questa situazione, con un differenziale occupazionale di 11 punti percentuali a sfavore di chi non possiede un titolo di istruzione terziaria. Questi dati sottolineano l’urgenza di politiche universitarie più inclusive che possano colmare il divario con altri Paesi meno esosi dal punto di vista accademico.